Time Travel (2013) - Retrogaming: i fantastici anni Novanta




Se usate bazzicare blog videoludici, disquisire con videogiocatori incalliti, quali probabilmente voi stessi siete, o in generale avete anche altri siti sulla barra dei preferiti oltre a Lokee, il fatto che gli anni Novanta siano considerati da molti la Golden Age dell’intrattenimento digitale non dovrebbe stupirvi più di tanto. Si parla sempre più spesso delle gioie del retrogaming, di come fosse fantastico questo o quel titolo e di quanto tempo sia passato dall’ultimo gioco che ne presentasse la stessa profondità/storia/sfida/sbiringuderia.

L’altro giorno sostavo in standby davanti allo schermo del pc, originando dei simpatici loop di screensaver tra la mia espressione vuota, anche più del solito, e l’elegante nero più totale che ghermisce il mio portatile più spesso di quanto vorrei. Entra mio fratello nella stanza e, cercando di distinguere quale dei due hardware fosse imparentato con lui, getta nel mezzo una frase attendendo una qualsiasi risposta da parte nostra: «Che fai?». 
Vedendo che il pc non rispondeva, decisi di prendere l’iniziativa: «Sto pensando al prossimo argomento per il blog. Magari una cosa nella quale sono ferrato, di cui possiedo anche svariati esempi, però di giochi di ruolo s’è già parlato molto e…».
«… e andare a scavare tra le montagne di cartucce [pronunciatelo ad alta voce car-tuc-ce; è un suono così dolce…] che abbiamo in cantina, dal Nes al N64 passando per ogni singola piattaforma rilasciata in Europa?» era decisamente il momento di attivare il mio sguardo vuoto da screensaver. 
Dopo aver riavviato il sistema abbiamo effettivamente scavato nel ludicumulo, inizio di un processo d’amarcord che consiglio a tutti, dove la ritrovata voglia di giocare offre una birra alla malinconia.

Ma non mi è bastato, nossignore. Ora vi ci faccio pure un articolo, così imparate. Vi porto per mano nei miei anni Novanta videoludici, ripercorrendo anno per anno il titolo più significativo nella mia carriera di gamer. No, non il titolo più significativo nella storia del videogioco, nemmeno il più bello e neanche il più venduto.
Dovrete accontentarvi della mia classifica personale, con l’accortezza però di indicarvi, laddove possibile, un titolo che reputo divertente da rigiocare anche oggi, ottenendo di più di un semplice “ah, questo lo conosco/non lo conosco”, ma un effettiva lista di possibili download/acquisti consigliati. Per non diventare eccessivamente prolisso mi limiterò a un titolo per anno, aggiungendo al massimo una menzione d’onore speciale. 
Inoltre mi limiterò all’ambito del fantastico, dal fantasy (molto) al fantascientifico (poco), ma senza passare per titoli sportivi o simulatori d’appuntamenti. Niente Leisure Suit Larry per voi quest’oggi, me ne rammarico. Concludo l’inutile sfilza di regole autoimposte dichiarandovi che l’anno indicato rappresenta l’uscita europea e/o, nel primo caso in particolar modo, l’uscita su una piattaforma umanamente accessibile nonché nota a più di una manciata di persone nel mondo.

And nowon with the show:


1990 - PRINCE OF PERSIA


Iniziamo subito con una bella eccezione alle regole. Sì, le ho fatte io e sì, nessuno mi ha obbligato a farle così; ma è più forte di me, c’è un gusto tutto suo a imporsi delle regole e romperle a piacimento. 
Questo è un titolo che NON vi consiglio di rigiocare. Davvero, non lo fate. Avete forse dimenticato i salti da calibrare al millimetro, gli spuntoni (che platform sarebbe senza spuntoni?) improvvisi in caselle dove non sarebbero dovuti essere, il beffardo topino bianco da rincorrere, il vostro doppio nato dallo specchio e tutto il resto? Difficile, anni di terapia spesso non hanno portato ad alcun risultato. Ve lo dico per esperienza personale. Ma questo è niente. Niente in confronto alla sensazione provata dal me bambino di otto anni quando si accorse che tutto il lavoro svolto fino a quel momento era perfettamente inutile non avendo sufficiente tempo per completare gli X livelli che lo separavano dalla fine del gioco. 
Esatto, X o N se preferite o qualsiasi altra lettera a significare che non sapevo quanti fossero, né vi era modo di scoprirlo se non parlando con un amico già arrivato a finirlo. Ma questo avrebbe significato ammettere di essere inferiore a lui nell’immaginaria scala di tostaggine videogiochesca: giammai! La soluzione su internet non era neanche tra le mie fantasie erotiche più spinte, e tutto sommato si sarebbe rivelata decisamente deludente, come la realizzazione della maggior parte di esse del resto, togliendo de facto gusto alla sfida. 
In sostanza ci siamo passati tutti, inutile mentire tu che stai per postare sul commento che “no, tu l’hai finito al primo tentativo nel 1989 giocandolo su Apple”, abbiamo giocato un numero di ore indefinite per poi renderci conto che non ce l’avremmo mai fatta e ricominciavamo da capo. Ancora. E ancora. Pausa caffè. E ancora. 

Questo gioco si trova qui perché è una pietra miliare e non menzionarlo sarebbe mancare di rispetto a tutto ciò che c’è di sacro nel mondo dello schermo nero.
Certo, ho scritto non rigiocatelo. Se non l’avete mai giocato il discorso cambia radicalmente. In tal caso avete l’obbligo morale di procurarvene una copia e apprendere anche voi il vero significato di frustrazione. Lo dovete a tutti noi pionieri di quell’atroce sofferenza chiamata platform, lo dovete a chi ha visto nascere e crescere il concetto stesso di videogioco; fatevene una ragione.
Ah no, non riponete speranza nella trama: principessa rapita, voi fate il principe, dovete salvarla. Fine.


1991 - GAIN GROUND


Se c’è una cosa che adoro in un gioco è poter scegliere il personaggio. Si, caratterizzarlo e definirne ogni dettaglio è appagante, ma volete mettere la soddisfazione di controllarne più di uno? Avere un numero di personaggi tra cui scegliere di missione in missione, ognuno con le sue caratteristiche e attacchi speciali differenti sembra un sogno anche al giorno d’oggi. Bene signore e signori, questo capolavoro per Sega Mega Drive ci ha deliziato nel lontano 1991 con un parco totale di venti (VENTI) personaggi selezionabili. Tra l’altro c’era da sudarsi ognuno di loro recuperandolo nei vari stage man mano che si avanzava nel gioco.
Sostanzialmente il tutto consisteva nel visualizzare la masnada di nemici che si frapponeva tra voi e la scritta gigante EXIT ben riconoscibile a ogni livello, spesso piazzata in alto, selezionare il vostro eroe, ucciderli tutti o quanti ne bastava per fargli attraversare suddetta scritta, portandolo così in salvo. Se si subivano perdite, era sempre possibile portarseli a spasso, ma mai più di uno alla volta, puntando sempre l’uscita come obbiettivo. Notevoli doti tattiche richieste unite ad ambientazione militaresca ben riuscita portano questo agglomerato di pixel semoventi nell’Olimpo dei 16 bit.
Stavolta le regole si applicano alla grande: giocatelo anche oggi stesso per la prima volta e non ve ne pentirete. Certo, dovrete risvegliare la vostra immaginazione, sopita sotto cumuli di grafiche da urlo, ma ne vale decisamente la pena.


1991 - Menzione d’onore: Street Fighter II

Nello stesso anno usciva anche per Super Nintendo quello che è universalmente noto come il vero padre dei picchiaduro. Sì, lo so, non è il primo del genere. Uff, come siete noiosi oggi. D’altro canto quel “2” in numeri romani accanto al titolo era un suggerimento notevole in questa direzione. Ma il successo vero è arrivato con questo seguito, inserendo anche altri personaggi giocabili oltre a Ryu e Ken, tra i lottatori più carismatici, ben riusciti e piacevolmente ricordati di sempre. 
Prove lampanti della sacralità del titolo ci vengono anche da continue citazioni ai celeberrimi fondali, grassissime risate nei titoli di coda di Ralph Spaccatutto col bonus stage della macchina da sfasciare, e dalle colonne sonore, diventante in alcuni casi vere internet star. Non ci credete? Eccovene un esempio:


1992 - SUPER MARIO WORLD

Che dire di questa meraviglia? Semplicemente Mario, non poteva mancare in una rubrica sul retrogaming, anche se ovviamente l’idraulico italiano più amato al mondo trova i natali in un decennio precedente. Mi sento comunque in dovere di citare questo capitolo di una delle saghe più longeve e rappresentative in quanto indice di svolta. Svolta verso il 16 bit, nuova veste grafica all'epoca strabiliante per un gameplay riconfermatosi più che vincente; svolta verso i livelli di difficoltà troppopiùdifficile dello Special World; ma la svolta decisiva si ha con lui, il mio personaggio preferito del Mario-mondo: Yoshi!
Oltre a rallegrare il sottoscritto ogni volta che lo vede o ne sente il verso, il draghetto nipponico sblocca tutta una serie di meccaniche nuove legate al suo utilizzo capaci di ridonare nuova linfa alla serie tutta, se mai ce ne fosse stato bisogno.


Se vi state arrovellando sulla mappa indicata qui sopra pensando che “ehi, eppure io me la ricordavo diversa” ho per voi una notizia bella e una brutta. La bella è che siete dei nerd da competizione. La brutta è che conoscete il mondo di Mario meglio del vostro. Auch!


1993 - DUNGEONS & DRAGONS, TOWER OF DOOM


Ormai sapete che avete a che fare con un nerd vecchio stile, di quelli con la vita traviata da dragoni e dongioni… cunicoli, suona meglio cunicoli. Ecco, prendete un ragazzino di undici anni che ha appena scoperto il meraviglioso mondo dei nani, elfi, draghi e orchi (autocit.). Fatto? Accompagnatelo in una sala giochi. Fatto? No, riponete l’abbondante colla vinilica, l’Unicef ha insistito perché oggi non la usassimo. Dategli dei gettoni. Fatto? Bene. Osservate il suo sguardo quando intravede il cabinato di Tower of Doom. La felicità che vedete adesso non tornerà mai più su quel volto.
Il fattore amarcord è senza dubbio la componente più forte che ti fa apprezzare un titolo simile quando lo rigiochi nel 201X, ma al di là di tutto è ancora uno dei picchiaduro a scorrimento più gradevoli che ci siano in circolazione a mio avviso. 
Quattro classi selezionabili: Elfo, Nano, Chierico e Guerriero. Se avete alzato il sopracciglio (dai su ti ho visto, dai sì non eri convinto), all’accostamento classe-elfo/nano siete sì nerd, ma di nuova generazione: in principio erano classi, non razze.
Gameplay semplice ma al contempo scorrevole, con un buon range di oggetti selezionabili e incantesimi lanciabili. Divertente da giocare in solitaria, spasso assicurato con gli amici. 
E quando arriva il drago… Be', quello era il momento nel quale il ragazzino felice finiva tutti i gettoni che aveva in tasca, a prescindere dalla quantità portata, diventando così inevitabilmente un ragazzino vendicativo verso il mondo intero.
Se qualcuno grida allo spoiler per aver svelato il boss finale, non saprei cosa dire. Col nome che c’ha che vi aspettavate di incontrare? Un criceto con l’hula hoop?

Nota per giochi futuri: inserire tra i mostri un criceto con l’hula hoop. 


1993 - Menzione d’onore: Ninja Baseball Batman


Ebbene sì, il mio già citato (nello scorso episodio) fratellino gioca una parte importante nella mia vita da retrogamer. Un giorno se ne esce fuori con un video di Angry Videogame Nerd riguardo un gioco dal titolo altisonante: Ninja Baseball Batman
Ok, vi sono concessi dei secondi per realizzare. Quanti di voi hanno visualizzato il cavaliere oscuro lanciare una stellina ninja con una mano e una palla da baseball con l’altra? Solo non riesco a immaginarmi il copricapo: cappellino con visiera, cappuccio coprente o maschera da pipistrello? Ovviamente non è nulla di tutto ciò, ma non è un buon motivo per lasciare ingiocata questa indiscutibile perla del genere trash.
Volete provare l’ebbrezza di sentirvi strafatti? O se siete familiari al concetto, volete ritrovarvi in tale situazione senza sborsare un euro? Bene, accendete l’emulatore e fate partire questa meraviglia. Non vi consiglio l’originale esclusivamente perché temo sia estremamente difficile reperirlo. E per deliziarvi con l’arcade dovreste trovare uno dei circa cento cabinati sparsi per gli Stati Uniti.
Accadrà una sequela di eventi. Nessuno dei quali avrà un senso logico, a partire dall’arrivo dei nemici. Io lo rigiocherei di continuo anche solo per i mostri da sconfiggere. Il sicuro parto di allucinogeni assunti da una mente già di per sé destinata a un futuro certo nelle ospitali celle di Arkham, o in posti simili ugualmente accoglienti. Se non avete esclamato nulla la prima volta che li avete visti e siete riusciti a finire il gioco senza sentire l’urgenza di chiamare qualcuno a voi caro per dirgli “NONPUOICAPIREACOSAHOVISTO”, chiamate subito uno specialista. Uno bravo, ne avete davvero bisogno.


1994 - THEME PARK


E qui gente entriamo ufficialmente in zona calda, decisamente una top 10 dei giochi più belli di sempre per il sottoscritto. 
Perché, diciamoci la verità, spesso e volentieri quando si è amanti dei giochi di ruolo preferibilmente con combattimento su griglia a turni, si strizza l’occhio anche agli strategici nonché ai gestionali. L’idea stessa di gestire un parco giochi vale di per sé l’acquisto della confezione. O almeno funzionò così a suo tempo in casa Divvi. Poi si inserisce il floppy (sì, fa più o meno lo stesso effetto straniante di car-tuc-ce) e inizia la magia. 
Ogni scelta ha un impatto considerevole sullo sviluppo del proprio investimento, a partire dalla zona del mondo in cui si vuole costruire per arrivare al prezzo del biglietto passando da negozi, intrattenitori e attrazioni. Ricordatevi di metterci il chiosco delle bibite accanto alle patatine, di aumentare il sale in quest’ultime come se non ci fosse un domani e il ghiaccio nelle prime. Ma non troppo, altrimenti si arrabbiano. Quindi un’attrazione molto divertente e poco costosa davanti ci sta alla grande. Ah e un bagno lì vicino che non si sa mai. Quanto mi manchi Theme Park, quanto mi manchi…
Non posso poi cambiare argomento senza aver parlato delle montagne russe, un vero e proprio spasso per ogni mente diabolica dotata alle prese con la ludo-edilizia. Si può decidere più o meno tutto in fase di costruzione: dove mettere le salite, le discese, le curve, i giri della morte, i binari rotti… no forse gli ultimi no, ma vi era della soddisfazione ugualmente.
Poi dopo duri giorni di lavoro a progettare il vostro parco perfetto, vi sedete, vi rilassate e guardate comodamente i risultati di una macchina ben progettata e oliata che procede da sola, giusto? Sbagliato! Grafici su grafici da tenere d’occhio, icone d’insoddisfazione o bisogni vari (talvolta in senso metaforico) da parte dei visitatori e, perla delle perle, la possibilità di vendere il parco per comprare un nuovo terreno nell’esplicito tentativo di conquistare letteralmente il mondo a forza di zucchero filato e clown.
Basta, è deciso: me lo ricompro su Playstation Network. (l'ho fatto davvero! - Nd2019)


1994 - Menzione d’onore: Puzzle Bobble



Menzione d’onore tra le più rapide che troverete nella rubrica. Soprattutto perché stilata da un acromate, che giochi come questo non può che odiarli fortemente. Fortissimamente. Ma mi è stato fatto gentilmente notare come per molti questo sia un caposaldo imprescindibile. Ora, tesoro, posa la pistola, ho fatto come mi hai chiesto. Lascia andare i miei album di Vs System e dimentichiamoci di questa brutta faccenda.
Ah, pur avendoci giocato pochissimo per ovvie cromatiche ragioni, la musichetta piantata indelebilmente nel mio cranio talvolta mi impedisce di dormire. Tutturuttututtu, wa-wa, tutturuttututtu


1995 - X-COM TERROR FROM THE DEEP


Cominciamo dall’inizio. Se pensate abbia sbagliato titolo e anno di pubblicazione non fa niente, vi perdono. Mi rallegro del fatto che grazie a questa rubrica potrete scoprire le origini del remake uscito l’anno scorso. Bel titolo tra l’altro, ma non all’altezza del predecessore a mio avviso, drammaticamente più longevo e profondo. Ma parliamo del gioco.
Se siete stati attenti, mi avete visto citare combattimenti strategici su griglia a turni. E i giochi gestionali. Potete immaginarvi la mia reazione quando ho scoperto l’esistenza di un gioco capace di miscelare entrambe le componenti con saggezza. Già, mi nutrivo a stento sulla testiera senza azzardarmi a lasciare la stanza; recarmi al bagno era una vera sofferenza, svolta per mera necessità.
Primo step scegliere un posto nel mondo dove posizionare la propria base (deja-vù?), dopodiché cominciare a curarla. In ogni singolo, minimale aspetto. Non solo scegliere la stanza da costruire di volta in volta poteva cambiare le sorti di una missione, ma anche il posizionamento si sarebbe potuto rivelare fondamentale. 
«Ok tutto molto bello, ma di fatto… che si deve fare?» Combattere la minaccia aliena che invade gli oceani del globo terracqueo. 
«Suona bene, come?» Si arruolano militari appositamente addestrati e li si perfeziona ulteriormente a seconda delle necessità, facendoli partecipare in missioni sul campo dopo averli adeguatamente equipaggiati. 
«Sembra facile.» Ahahahahahahah. No. Però rimane estremamente divertente, un vero paradiso strategico/tattico, raramente ritrovato anche col passare del tempo. Anzi, soprattutto a causa del passare del tempo temo. Mi scorrono ancora degli elettrizzanti brividi lungo la schiena se ripenso alla Gauss Technology, bei tempi. Sì, veniva surclassata dalla Sonic degli alieni, ma bei ricordi lo stesso.
La perfezione non esiste. Ma questo giochino le andava dannatamente vicino.


1995 - Menzione d’onore: Warcraft II


Yes, my lord
Ready to serve, my lord
Yes master, I don’t want to
Kaboom

Se avete riconosciuto le frasi sopra riportate avete una buona memoria. Se le avete lette, rispettivamente, con l’h finale sul yes, con voce pomposa, con due torni di voce differenti e con urletto stridulo, allora miei cari avete tutto il mio rispetto e la mia ammirazione. No, via, li avreste avuti ugualmente. Ma un bravi non ve lo leva nessuno.
La menzione d’onore era dovuta in quanto ufficialmente il primo gioco che mi ha aperto la strada verso l’ormai celeberrima Blizzard, all’epoca solo un candidato come un altro a prendere un giorno il trono di Bullfrog come casa videoludica numero 1. Palma che a mio modesto avviso tiene ancora saldamente, nonostante abbia chiuso i battenti da anni ormai.
Inoltre è colpa di questo titolo se ho approcciato quell’implicita rinuncia ad avere la qualsivoglia vita sociale per un tempo coincidente a quello di sottoscrizione d’abbonamento, altresì noto come World of Warcraft.
Gran strategico, probabilmente il primo che combinava mezzi d’aria, acqua e terra in un mix riuscitissimo, facile da approcciare eppur divertente per l’intera durata delle due campagne disponibili, orda e alleanza ovviamente.


1996 – DIABLO 


Conosco varie persone cadute nella rete, nella Battle.net per essere più precisi, del terzo e più recente capitolo della serie. Grafica ai massimi storici, le ormai immancabili Imprese, più note come Achievement, e continui update disponibili tramite internet. Si evince facilmente che se qualcuno si dovesse approcciare ora alla serie, non lo farà certo partendo dal primo capitolo.
Eppure questo titolo si trova qui ugualmente.
Sì, perché nel 1996 ha de facto sdoganato un genere, non per forza inventato, magari esisteva già un gioco simile diffuso in soli cinque quartieri sud coreani, non ne ho idea. Ma da quel momento in poi, l’enorme quantità di cloni partorita dall’industria videoludica è sempre stata additata come “ah, stile Diablo”, e a ragion veduta.
Quindi in sostanza il 1996 è suo perché glielo dobbiamo. E un po’ perché è un ottimo momento amarcord; quando ho sentito per la prima volta il caprone belare «Pleeeease, no huuuurt, no kiiiiill», mi son emozionato molto di più rispetto a scoprire che, sopresa sorpresa, il bamboccione era in realtà Belial (che fosse il signore della menzogna non era già un significativo aiutino?), per non parlare del vero autentico brividino lunga la schiena nel primo «Ah, fresh meat!» dell’ormai storico Butcher, paragonato al sorrisino melanconico di quando si è risentito a distanza di anni.
Introdurre il concetto dei livelli generati casualmente nello stesso titolo che vede per primo il supporto di Battlenet arrivare a cifre record non può rimanere taciuto. Quindi? Quindi niente, abbiamo fatto quel che andava fatto. Se non lo avete giocato quand’è uscito rimarrete per sempre parzialmente incompleti. Ma niente di grave, infine.


1997 – DUNGEON KEEPER

Altro anno, altro ispiratore di masse. Un giorno alla Bullfrog, un tizio qualunque di nome Peter Molyneux se ne viene fuori con un’idea un tantinino geniale: «Ma perché in ogni singolo gioco fantasy sono sempre gli eroi a dover entrare nel dungeon e sconfiggere i mostri? E se si sviluppasse un gestionale di dungeon in cui bisogna impedire agli eroi di aver la meglio sui propri mostri?».
Eh, il mondo è fatto così: ci sono persone afflitte da scelte fondamentali quali l’accostamento degli abiti o la scelta di cosa mangiare a pranzo; poi ce ne sono altre in grado di abbattere le precedenti frontiere dell’intrattenimento con una singola domanda. Capita.
Anche qui siamo di fronte a un capolavoro, uno dei tanti che consacra la Ranatoro a miglior casa videogiochesca di sempre, quantomeno nella mia chart personale. Il cambio di prospettiva apre tutta una serie di tematiche che il giocatore medio non aveva mai affrontato prima: la difficoltà nel piazzare una trappola, la fatica di estrarre l’oro ogni santo giorno, il costo di mantenere gli affamati abitanti dei propri tunnel… per non parlare dei loro repentini cambi di umore! Ma la soddisfazione di sconfiggere incauti avventurieri a grappoli non ha prezzo.
Quando parlavo di ispiratore non mi riferivo solo a videogiochi similari, che comunque esistono in larga misura, ma anche dell’influenza esercitata su altri generi ludici, di cui l’apprezzatissimo gioco da tavolo Dungeon Lord ne è un chiaro esempio.


1998 – ZELDA: OCARINA OF TIME


Quando nel 1997 uscì il Nintendo 64 con Super Mario 64 annesso, tanti pensarono di aver raggiunto l’apice dell’esperienza ludica nintendiana, sottoscritto compreso. L’assenza del gioco nella rubrica deriva unicamente dall’aver già menzionato un altro capitolo della saga idraulica e non voler rimanere monotematici, ma è stata indubbiamente una svolta.
“Non c’è verso che i giappi riescano a superare uno standard così alto, hanno proprio tirato fuori il coniglio dal cilindro”. Macché, nemmeno un anno ed estraggono un cavallo dallo stesso cilindro. Un equino di nome Epona, per l’esattezza.
Ocarina of Time è il mio gioco preferito di sempre per console, top 3 indiscussa nell’Olimpo del videogioco in generale. L’uso del pad non raggiungerà mai più vette così alte (e invece l'ha fatto, con un altro Zelda ovviamente! - Nd2019). C’è tutto: platform, puzzle, combattimenti, livelli segreti, viaggi nel tempo, colpi di scena e sicuramente tanto altro che adesso non mi viene in mente. L’idea di percorrere mano nella mano la vita di un Link bambino, dalle vicende che riguardano la sua foresta alla salvezza di Hyrule, passando per le varie età del protagonista è un punto di partenza già molto, molto alto. Poter saltare da un’età all’altra dipanando i misteri che le caratterizzano è superlativo. Cambiare il mondo che ti circonda con l’uso di canzoni sbloccate con l’avanzare della storia è indescrivibile. Input lanciati in precedenza si incastrano alla perfezione con nuovi spunti inseriti nell’avanzamento e a ogni giro di Hyrule in sella a Epona si scoprono nuovi angoli di mondo non ancora esplorato, custodi di chissà quali nuovi segreti.
Se non siete stati ammaliati da questo capolavoro non avete un cuore. Se invece avete avuto la fortuna di giocarci scrupolosamente ne avrete attorno alla ventina. Questo è il classico titolo a cui bisogna aver giocato una volta nella vita; stavolta non ci sono successori che mantengono le stesse caratteristiche migliorandone solo alcuni aspetti, come può essere per altri titoli citati qui sopra. Quello per 3DS non è un seguito, piuttosto un remake, nonché un ottima occasione per rimettervi in pari nel caso non l’aveste ancora fatto.


1998 – BALDUR'S GATE


Eh sì, non c’è niente da fare: la seconda metà degli anni Novanta è decisamente la più calda. Così calda da farmi infrangere la regola di “un titolo ogni anno”. In questo e nel prossimo mi sarà semplicemente impossibile, non me la sentirei a relegare nessuno di questi mostri sacri a una semplice menzione d’onore. Se Zelda rappresenta l’apice del Nippo videogioco, Baldur’s Gate apre la strada ai meravigliosi mostri sacri del gioco di ruolo su pc. E lo fa in gran stile, usando le regole della seconda osannata versione di D&D, l’Advanced Dungeons & Dragons.
Combattimento in tempo reale per i giocatori più diretti o pigri, gestibile con pause tattiche per chi preferisce avere il controllo su tutto. Sì, io appartengo ovviamente all’ultima categoria.
Party da sei personaggi con ampie scelte di razza e classe, divenuti finalmente concetti separati nel corso degli anni, ottima caratterizzazione dei comprimari e incisività dell’allineamento sul coesistere di alcuni elementi con altri. Non sarà facile convincere un tanto spietato quanto folle caotico malvagio a non estrarre la spada in presenza di un paladino legale buono, solo perché quest’ultimo non lo ritiene “giusto”.
La trama, nonché i momenti a essa dedicati, sono ben bilanciati con i combattimenti, sia come quantità che difficoltà. Insomma, un vero must per i videogiocatori di ruolo, un bel titolo per i videogiocatori in generale. Tra l’altro se vi trovate a volerlo giocare ora per la prima volta, consiglio caldamente l’Enhanced edition, rilasciata negli ultimi mesi dello scorso anno, per la presenza di una modalità di gioco aggiuntiva, l’arena, e la presenza di nuove razze e classi giocabili, sia per il vostro personaggio che a livello di png reclutabili durante l’avventura [O, se non vi spaventa qualche installazione in più, acquistate il pacchetto completo da GOG e usate questi mod per renderlo ancora più strafichissimo della versione Enhanced. NdNedo].
A tal proposito non si può non menzionare la presenza di quello che probabilmente è il personaggio più famoso di tutto il Faerùn: Drizzt Do’Urden. Che poi questo si ritrovi a essere una stereotipata mosca bianca, candida rosellina nata suo malgrado in un giardino di sole spine, è un altro discorso. Se siete tra coloro che lo odiano, pescando la vostra dal sacchetto delle molte validissime motivazioni, per esempio aver ispirato tutta una schiera di giocatori che scassano i loro master per giocare altre eccezioni senza rendersi conto di creare un paradosso col termine stesso, sappiate che potete anche voltare le spalle alla reputazione del vostro party e farne brandelli sanguinolenti. Son soddisfazioni.


1999 – FINAL FANTASY VIII


Affrontiamo subito la questione, prima che si formi inevitabilmente nelle vostre menti: sì, c’è l’VIII e non c’è il VII. Perché? Principalmente perché faccio un po’ quelchediavolomiparebwahahaha, ma anche per il fatto fatto che lo preferisco enormemente al predecessore della stirpe.
Sì, lo so, è pieno di Cloud fan lì fuori, ma lasciatemi spiegare, ho una teoria a riguardo. Parlando con molti amici della faccenda è venuto fuori un fatto: un buon 90% degli interessati concorda nel consacrare a miglior capitolo della serie il primo giocato in ordine cronologico, il che non coincide per forza col primo uscito in tale ordine. Io per esempio ho giocato prima all’VIII, per motivi che non sono mai riuscito a spiegare razionalmente, una serie di coincidenze astrali che il mio subconscio non manca di rimuovere costantemente dalla mia memoria.
Approcciare il Japan RPG per eccellenza porta a due reazioni codificate: abbandonare per sempre il genere o innamorarsene perdutamente, dedicando un posto speciale nella stanzina dei ricordi superpiù a quel titolo che ci ha fatto innamorare, ossia per l’appunto il primo giocato.
E poi la storia. La trama è qualcosa di inspiegabile a parole, estremamente cervellotica nonché intrecciatissima, di quegli intrecci che solo nel Paese del Sol levante sanno tessere, così zeppa di colpi di scena da dover consultare i propri genitori sul quale sia il vostro stesso nome, al termine del gioco non sarete più tanto sicuri nemmeno di quello.
Quindi si procede in direzione del gameplay. Anche qui i passi svolti con Junction e Guardian Force sono giganteschi, donando longevità e caratterizzazioni smisurate. Alcuni hanno trovato noioso assimilare 100 unità di ognuna delle 32 magie esistenti. Io mi ci sono buttato a capofitto, ignaro di essere già irrimediabilmente destinato alla dura vita del farmer. Insomma bello, bello, bello in modo assurdo. Da giocare assolutissimamente.
Ah, per inciso, la saga Final Fantasy è tristemente deceduta dopo il X. Qualsiasi titolo con numero romano progressivo oltre a quello è una volgare imitazione, nonostante il simbolo del copyright, il marchio registrato e la casa produttrice rimasta la stessa. Punto e basta.

1999 – PLANESCAPE: TORMENT


Ultimo della fila ma primo in classifica, questo è, signore e signori, il mio videogioco preferito di sempre. Capolavoro assoluto, a 360°.
Ormai avrete capito che per il sottoscritto la trama è importante in un gioco. Qui siamo davanti ad un’opera invidiata dai migliori scrittori di romanzi in circolazione. Che sistema di regole avrà mai potuto usare? Ma AD&D ovviamente, come il già citato Baldur’s Gate. E cosa ti scelgono come ambientazione? No, niente di che, semplicemente la capitale del Multiverso Planare: Sigil!
Vabbe', allora mettetemici anche PNG arruolabili disseminati nei mondi (il plurale è voluto) di gioco, ognuno altamente personalizzato con una sua storia fatta su misura. Ah, ci sono? Sì, d’accordo, ma sarà il classico titolo che ti affascina solo per poi abbandonarti a una ventina d’ore di gioco scarse. No, qui ne conta cento e non sono nemmeno lontanamente vicino ad averlo completato del tutto.
Difetti? Probabilmente ne avrà, ma non chiedetelo a me perché sono troppo accecato dai pregi per poterli cogliere. Nonostante sia dell’ormai, ahimé, lontano 1999, non voglio dirvi molto di più per non addentrarmi in terreno di spoiler. Questo perché se non l’avete ancora giocato ma siete tra coloro che apprezzano un gioco in cui sapersi destreggiare tra dialoghi insidiosi ha maggior rilevanza rispetto alla semplice capacità di menare le mani, siete moralmente obbligati a gustarvi tale preziosa perla.
Se siete tra i fortunati, malinconici ex residenti di Sigil sentitevi più che liberi, anzi invitati, a condividere con noi tutti orfani del Nameless One i vostri dolci, dolci ricordi che lo riguardano, voi che potete averne. Anche qui sotto nei commenti se lo volete, abbiate solo la bontà di avvisare con un gradito Spoiler Alert coloro che si avventureranno qui sotto ignari di tutto ciò. Dopotutto riconoscere il 1999 come lontano non è poi così destabilizzante.
Ma solo perché questo vuol dire poterci rigiocare beneficiando del naturale effetto Neuralizzatore del tempo, il miglior Man in Black attualmente in servizio.

SPOILER ALERT - Stavolta troverò il modo di toglierti da quella dannata locanda e aggiungerti al party, dannato Ignus!!! [Liberato alla prima partita. All'uscita del gioco. Quando ero un pischello. E a malapena capivo i dialoghi in un inglese sporcato dai dialetti. Di' la verità: ti faceva piacere il suo teporino mentre sorseggiavi una bibita allo Smoldering Corpse Bar! NdNedo].


Si conclude così il nostro viaggio nei meravigliosi anni Novanta, sperando di avervi fatto venire almeno metà della voglia di giocare che mi sono messo addosso da solo. Sì, lo so, ci sono grafiche spettacolari là fuori... ma vuoi mettere ...

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